COMUNICATO STAMPA: COSSIGA E LE LETTERE INEDITE

Al momento del ferimento di mio padre del 1 aprile 1980 l’ultimo grido di battaglia del gruppo di fuoco dei brigatisti della colonna “W. Alasia” fu: “Ecco quello che merita il servo di Kossiga!

Si mio padre, Antonio Iosa, lo chiamava così, con la K!

All’epoca l’on. Francesco Cossiga era Presidente del Consiglio dei Ministri ed era già stato sottosegretario alla Difesa e, successivamente, ministro dell’Interno, dal 1976 al 1978, durante il tragico evento del sequestro e dell’uccisione dell’on. Moro. Dal 1979 al 19780 fu, quindi, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Le sue lettere inedite pubblicate oggi riecheggiano e fanno male anche a distanza di 35 anni quando, dopo l’elezione a Presidente della Repubblica, da “picconatore” quale soleva farsi chiamare, con leggerezza e improntitudine nel 1991 non compie un fatto umanitario attivando l’iter di concessione della grazia a Renato Curcio, il fondatore delle brigate rosse, ma volutamente una provocazione politica, uno stravolgimento della storia e un insulto ai familiari delle vittime del terrorismo.

Ricordo il triste racconto di mio padre quanto il Presidente Cossiga accolse nella sede della Prefettura di Torino il 13 agosto 1991, una delegazione di familiari dei caduti e di feriti, che fece le sue rimostranze sulla concessione della grazia a Curcio e su altri comportamenti che l’illustre interlocutore effettuava, esternando grande comprensione per le ragioni degli ex terroristi in carcere o rimessi in libertà.

Il colloquio, sia pure improntato a cordialità, si risolse in un confronto tra sordi e si chiuse fra una generale delusione da parte dei familiari delle vittime e dei feriti partecipanti all’incontro.

Con queste lettere inedite si riapre una ferita, mai comunque rimarginata, al cuore dei famigliari delle vittime del terrorismo e un’onta alla memoria dei caduti e di mio padre recentemente scomparso, col rischio di trasformare e mistificare quel periodo storico rendendo vittime i carnefici, con la consacrazione da parte di quella che era la più alta carica dello Stato. Così quella parte di cattiva coscienza del Paese si sentirà ancor più legittimata relegando le vittime nel silenzio, nell’emarginazione, come se i protagonisti della storia fossero i terroristi carnefici e non gli innocenti che hanno subito violenza.

Con frasi come “…in fondo mi sento un po’ colpevole della tua prigionia…” si offende ancora una volta la “verità storica, la giustizia, la memoria” privilegiando quanti hanno teorizzato e praticato la lotta armata e che oggi sono già liberi grazie ai numerosi benefici di legge.

Cossiga fu dunque un apologeta del terrorismo, sino a dichiarare che lo “Stato mentì” sulla natura politica della lotta armata. Non può essere rimossa la “memoria storica dei caduti” con rievocazioni a distanza di anni che rischiano nuovamente di attribuire un riconoscimento politico agli autori di atroci delitti.

Bisogna ricordare che negli anni in cui Cossiga scriveva quelle lettere farneticanti, anche altri personaggi politici erano soliti recarsi nelle carceri per stabilire contatti con i terroristi detenuti, non per scoprire la verità sugli anni di piombo, ma per estorcere memoriali e per strumentalizzarli mettendo tutto a tacere e lasciando intravedere una grazia o una scarcerazione preventiva.

Riemerge la classe politica di allora che metteva tra parentesi i lutti e le sofferenze dei familiari delle vittime e dei feriti superstiti, dimenticando che il terrorismo è stato una tragedia nazionale.

A pochi giorni dall’anniversario della strage di Bologna e del treno Italicus abbiamo ancor più il dovere di ricordare e riflettere sul sacrificio, spesso inconsapevole, di tanti nostri concittadini che, solo per svolgere un’attività, per indossare una divisa, per professare un’idea o, molto spesso, solo per una tragica fatalità si sono trovati esposti alle barbarie di quel periodo.

Milano, 7 agosto 2020
Christian Iosa
Presidente della Fondazione Perini