All’estrema periferia nord di Milano, dove accanto al proletariato milanese si sono affiancate folle di immigranti provenienti dal Mezzogiorno d’Italia e dal profondo Veneto in cerca di lavoro e di una casa, nel 1962, un gruppo di giovani e meno giovani decide di dar vita ad un nuovo circolo culturale denominato “Carlo Perini”, trasformatisi, dal 2003, in Fondazione.
La denominazione fu indicata a memoria del defunto sen. Carlo Perini, nato a Carpiano il 2 marzo 1898 e morto il 3 marzo del 1952, ma abitante della zona, precisamente nel quartiere della Cagnola-Certosa.
Carlo Perini fu un cattolico della prima ora che aderì alla Resistenza contro il fascismo assieme ad altri cattolici democratici quali Malvestiti, Migliori, Marazza, Meda, Mattei, Marcora. grandi valori e ideali della società politica e della società civile lombarda furono sempre testimoniati sia dal mondo cattolico milanese, sia dal mondo della sinistra storica, sia dai laici liberali.
In quegli anni tali valori, rappresentavano le migliori tradizioni di libertà, di democrazia, di solidarietà e di partecipazione. Cattolici e laici si ritrovarono, insieme, a costruire uno dei più importanti punti di riferimento del dibattito culturale “aperto a tutte le componenti ideologiche” della città di Milano e della Lombardia.
La prospettiva storica di quell’epoca richiedeva una dimensione ecumenica e pluralista per affrontare il dibattito politico – culturale in Italia sotto l’insegna del dialogo, del confronto, della capacità di ascolto, della partecipazione della gente comune sui grandi temi della società contemporanea.
Si viveva un periodo storico in cui le contrapposizioni ideologiche erano roventi per l’esistenza di due blocchi contrapposti; da un lato le democrazie occidentali e dall’altro i Paesi comunisti dell’Este europeo.
Grazie all’intuizione di questa apertura mentale e al clima di tolleranza e di pace che si respirava, nel 1962, con il Concilio Ecumenico Vaticano II, voluto dal compianto Papa Giovanni XXIII, il Circolo riuscì a raccogliere attorno a sé esponenti del mondo culturale e politico cittadino provenienti da tutti i segmenti della cultura laica e liberale, cattolica, socialista e comunista per costruire un areopago interculturale in un confronto con tutti i partiti dell’arco costituzionale una comune ed avviare, altresì, una singolare esperienza di qualificato decentramento culturale in un’area periferica della città di Milano per fare incontrare la cultura borghese del centro storico con la cultura popolare dei quartieri periferici di Milano.
Allora si lottava politicamente per ottenere la riforma delle autonomie locali a partire da quelle minori riguardanti il decentramento amministrativo, a quella più ampia portata avanti dai partiti politici per la riforma istituzionale dello Stato con la realizzazione delle Regioni a statuto ordinario.
In tale prospettiva per raggiungere obiettivi di maggiore partecipazione democratica si moltiplicarono incontri e dibattiti, convegni e concorsi, studi e ricerche sul territorio coinvolgendo uomini di cultura di ogni ideologia e abitanti della periferia urbana e della società civile milanese e lombarda, avvicinando un sempre maggiore numero di cittadini ai temi culturali, politici e sociali di più largo interesse che di pregnante attualità sull’emergere dei problemi locali, nazionali e internazionali