5 – Corruzione politica-affari
Racket e usura
La mafia lombarda racconta la vita dei morti ammazzati e di affari di un centinaio di famiglie legate alla ‘ndrangheta, che ha la massima concentrazione nella provincia di Milano.
Cosa Nostra Sicilia opera prevalentemente nei lavori pubblici, nella distribuzione dei ristoranti di lusso e nel mercato delle grandi sovvenzioni europee. La ‘ndrangheta è penetrata nel Movimento terra e nell’economia degli appalti pubblici e privati sia di Milano prima e dopo Expo e nei comuni della fascia sud –nord ovest da Desio, Bollate, Corsico Buccinasco. La camorra è attiva nel riciclaggio nei pubblici servizi e nel gioco d’azzardo ed opera prevalentemente sul territorio di Monza – Brianza.
I tre clan malavitosi agiscono in combutta, cercano di non pestarsi i piedi e fanno affari negli appalti e subappalti, nel commercio, turismo, smaltimento di rifiuti, post Expo, Brebemi (subappalti concessi ad imprenditori “puliti”, ma di facciata), Ortomercato (con una pilotata anarchia di gestione), turismo, commercio, sanità.
Contrariamente a quanto si crede la mafia non investe in borsa, ma nel settore immobiliare, in esercizi commerciali e turistici, in alberghi, in passaggi di proprietà, in mutamenti di destinazione d’uso e ristrutturazioni degli immobili, in sfruttamento di manodopera non in regola e in svolgimenti di lavori direttivi a capocosca privi di competenza e di qualifica professionale. Non è vero che in Lombardia la mafia rifiuta la violenza e le uccisioni e si accontenta di creare un clima d’intimidazione e di omertà.
Ben 71 sono stati gli omicidi commessi dalle mafie in Lombardia col primo delitto commesso dai siciliani nel 1954 in provincia di Varese.
Le inchieste giudiziarie testimoniano che negli anni ’80 i territori del Bresciano e del Bergamasco erano utilizzati per nascondere i latitanti, anzi lo Stato mandava i mafiosi al confino non solo nei quartieri periferici di Milano come Quarto Oggiaro ma, ad esempio, anche a Lovere e in altre località delle province lombarde. La mafia a Milano si manifesta con diverse attività:
Il racket del pizzo, dell’usura, dello strozzinaggio e delle estorsioni colpiscono molti negozi commerciali e locali pubblici, che passano nelle mani della mafia, che esercita la sua losca attività con la moltiplicazione di passaggi di proprietà. Si calcola che il 10% dei commercianti siano stati vittime di estorsione, mentre un altro 10% di operatori commerciali è stata vittima dell’usura. Si aggiungono poi le imposizioni nelle forniture o l’assunzione di personale.
I motivi addotti sono paura, mancanza di adeguate tutele per sé e la famiglia e assenza di benefici finanziari, perché non avrebbe nulla da guadagnarci a rischiare le rappresaglie dei clan mafiosi.
Esiste chiara la percezione della troppa connessione tra la corruzione politica e l’imprenditoria malavitosa, per cui l’insicurezza colpisce tutti i negozianti.
Troppi rischi e scarse protezioni inducono il 30% dei commercianti a dichiarare che non denuncerebbero di essere vittima di estorsione.
Basterebbe guardare i dati delle chiusure e riaperture degli esercizi commerciali, che avvengono continuamente, per constatare la facilità con cui molti ex negozi si trasformano in ristoranti, centri sportivi, in una miriade di sale per il gioco d’azzardo e centri “benessere”, alberghi e, persino, cliniche e ospedali privati in netta fase espansiva, come frutto spesso di riciclaggio, di estorsioni, di usura.
Molti negozianti pagano il pizzo e hanno paura di denunciare, in quanto vanno incontro a sicure rappresaglie da parte degli estorsori.
Ogni tanto balza, sulla cronaca nera cittadina, qualche episodio d’intimidazione malavitosa, che fa saltare in aria o incendia dolosamente un negozio.
Si dice che a Milano gli esercenti non pagano il “pizzo”, perché non siamo in Sicilia, né in Calabria, né in Campania e si tratta di una palese falsità. Eppure, è ormai arcinoto che mafia, ‘ndrangheta e camorra imperversano a Milano e sono proprietari di migliaia di esercizi commerciali, ereditati da molti negozi e locali fatti fallire.
Se poi si guardano le statistiche della Camera di Commercio di Milano sulla chiusura e la riapertura di tanti esercizi pubblici, si potrà scoprire meglio l’ampiezza dell’usura, che ha strozzato tanti gestori soggetti ad intimidazioni, buttati sul lastrico come vittime del racket.
I dati della Confcommercio, che ha svolto in collaborazione con Eurisko nel 2016 un’indagine sulla sicurezza nel settore del commercio, evidenziano la diffusione della criminalità del racket, dell’abusivismo e della contraffazione.
Un imprenditore su 10 ha ricevuto minacce e intimidazioni a scopo estorsione e oltre il 60% dei minacciati pagano il pizzo, soprattutto, nel sud Italia. Milano e la Lombardia non sono immuni e le leggi vigenti sono inefficaci, mentre gli imprenditori chiedono un inasprimento e la certezza delle pene per stimolare le denunce e vincere l’omertà del settore. La diffusione dei clan mafiosi è favorita dalla corruzione economica e dalla connivenza tra l’immancabile ladrone politico e l’imprenditore disonesto.
È partita nei quartieri periferici la sfida alle cosche e si stanno aprendo sportelli antiracket per creare una rete di informazioni grazie all’impegno delle associazioni e delle istituzioni per ricostruire un tessuto fiduciario, per favorire denunce e arginare il fenomeno. Bisogna avere il coraggio di denunciare e testimoniare contro i mafiosi per vincere la paura e ottenere adeguate protezioni dallo Stato.
Gli imprenditori milanesi e lombardi cominciano a denunciare racket e usura, soprattutto le province di Milano, Bergamo, Brescia e che sono le più colpite dal fenomeno. Da qualche anno sono attivi in Lombardia gli sportelli del progetto “Riemergo” delle Camere di Commercio, Trasparency Internazionale e SOS Giustizia di Libera per offrire un primo aiuto agli imprenditori e cittadini che vogliono denunziare usura, racket, estorsioni, peculati e corruzioni.
Non sono solo le vittime a rivolgersi agli sportelli, ma anche testimoni di casi di corruzione di cui sono venuti a conoscenza ed hanno il coraggio di denunciare.
Nel 2017 le vittime prevalenti sono stati Sindaci e amministratori pubblici destinatari di oltre 87 minacce da parte delle mafie e, in particolare, delle famiglie delle ’ndrine calabresi, radicate sul territorio lombardo.
Le modalità delle intimidazioni si presentano diversificate ed emerge la nuova moda dell’insulto social e seguono: invio di porzioni di animali sugli usci di casa, scritte offensiva, intimidazioni, invio proiettili, minacce verbali, telefonate anonime minatorie, incendi di auto, e di negozi, lettere e messaggi minatori, danneggiamenti vari, aggressioni.
Oltre alle attività economiche la mafia s’inserisce nelle votazioni politiche e amministrative per ottenere vantaggi e condizionare quei politici sui quali fanno confluire i loro voti determinanti per l’elezione e poterlo facilmente controllare.
Racket e usura sono diffusi in Lombardia e la casistica d’illeciti e intimidazioni è ampia sia nel settore privato che pubblico, con prevalenza nel settore sanità, riguardante in particolare lo svolgimento di servizi, nomine, contabilità e appalti.
L’usura consiste nel fornire prestiti a tassi d’interesse elevati e sono considerati illegali dal l’articolo 644 del codice penale. La legge stabilisce il limite oltre il quale contenere gli interessi
Per accedere ai fondi antiusura servono denunce valide che danno seguito a ad interventi giudiziari e si spera che la coda agli sportelli antiusura possano aumentare per contrastare una piaga molto diffusa che per curarla necessita di coraggio per vincere la paura e l’omertà.
Nel Gennaio del 2019 l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha rivolto un appello ai parroci della Diocesi, inviando una lettera, per prevenire le infiltrazioni del racket e dell’usura nella lotta ai clan. L’infiltrazione profonda della mafia a Milano causa enormi danni sociali” e l’arcivescovo invita i mille e cento parroci della Diocesi ambrosiana ad aiutare le persone vittime dell’usura e della criminalità, mettendole in contatto con la Caritas e la Fondazione San Bernardino, aperta dal 2004 dall’arcivescovo Tettamanzi, alla quale si sono rivolte 3.700 persone in difficoltà.
La criminalità organizzata prospetta sempre proposte allettanti nel presto di denaro facile, acquisti del debito e di licenze di aziende, poi pretende il saldo esagerato del conto mandando in rovina e causando danni alle persone, alle piccole e medie aziende in stato di necessità.
Magnifica l’idea che i parroci siano le sentinelle della legalità e siano chiamati a collaborare con le forze dell’ordine contro i criminali dell’usura, del gioco d’azzardo, del racket che provocano spesso episodi drammatici di suicidi.
La mafia con i proventi ingenti della vendita di droga ricicla anche con i prestiti per pretendere la restituzione a prezzi usurari che in caso di mancato pagamento portano ad impadronirsi di un negozio o azienda o una casa.
Bisogna incoraggiare le vittime a denunciare e in questo modo la “Chiesa” è vicina alle persone che hanno avuto un prestito, senza interessi, per il risanamento di tutti i debiti. Per prevenire il crimine occorre liberare le vittime dell’usura dalla convinzione che siano gli usurai malavitosi l’unica soluzione alla quale ricorrere in caso di bisogno.
La Cura Milanese per tale iniziativa ha avuto l’apprezzamento ufficiale della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano.
Occorre, inoltre, garantire la protezione degli anziani, ormai vessati, da rapine, raggiri e truffe da parte di una criminalità costituita da bande specializzate di extracomunitari, che spesso degenera in violenza, tanto che ormai si sono diffusi sul territorio le lezioni delle forze dell’ordine per istruire gli anziani a come riconoscere il truffatore e denunziarlo.
Dobbiamo altresì convivere non solo con la criminalità italiana, ma anche con la criminalità etnica: europea, africana, sudamericana, asiatica!