Con l’avvento del Movimento del ‘68 il Centro sociale di Via Val Trompia 45/a che ospitava la sede dell’allora Circolo Culturale Carlo Perini, fu occupato e divenne il punto di riferimento dell’intera galassia dei gruppuscoli extraparlamentari, che esportarono esperienze di guerriglia urbana all’interno dei quartieri e delle fabbriche. Nel quartiere nacquero molti circoli giovanili. La coabitazione con i gruppi della sinistra extraparlamentare fu difficile. Il “Perini” si trovò di fronte ad una drammatica scelta per non essere coinvolto e ingenerare equivoci: lasciare la sede di via Val Trompia al dominio degli extraparlamentari, o rivendicare la propria esistenza al suo interno senza snaturare il suo ruolo e la sua funzione?
Fu scelta, a fatica, questa seconda via, che, col trascorrere del tempo, diede un’immagine negativa al Circolo stesso. Da sinistra il Circolo veniva attaccato perché considerato troppo di destra ed espressione del sistema politico dominante. Da destra e dai moderati milanesi esso fu invece accusato di essere troppo di sinistra, anzi “Cine – cattolico”. Al centro della polemica il “Perini”, in senso metaforico, prendeva legnate da ogni direzione.
I fondatori e i soci del Direttivo non si scoraggiarono e rimasero saldi nella difesa di una linea di presenza culturale, proseguendo nell’azione di confronto e di dialogo fra i partiti politici, fra istituzioni e società civile e, dedicando attenzione, all’emergere delle nuove tensioni e fermenti provenienti dal Movimento del ‘68 e dal quel cattolicesimo democratico, che andava sotto il nome dei “cattolici del dissenso”. Tale situazione fu motivo di disapprovazione anche da parte di don Piergiorgio Perini, figlio del sen. Carlo, che confondeva i cattolici democratici con la sinistra storica, stigmatizzandoci come circolo di “sinistra”.
Le accuse peggiori vennero dai dorotei DC, in particolare da Massimo De Carolis che bollava pubblicamente il presidente Antonio Iosa di essere un filocomunista o filomaoista in quanto le attività culturali promosse non portavano voti al partito; anzi considerava controproducente ai fini elettorali la programmazione delle manifestazioni del Perini. Ne scaturiva quella logica partitica che escludeva “Perini”, dall’area del potere politico democristiano.
Non vi fu, pertanto, un convinto sostegno a livello istituzionale per accedere all’ottenimento di contributi economici pubblici, e, nel contempo, lo escludeva dall’area d’influenza dei partiti della sinistra storica (apriti cielo! Come si poteva annoverare il Perini fra i circoli della sinistra, quando la sua connotazione era chiaramente cattolica e il suo presidente addirittura un democristiano?).
Iosa divenne un personaggio anomalo, scomodo, eretico sia per il suo partito, sia per lo stesso mondo cattolico ortodosso. L’ufficialità del mondo cattolico, arroccato nella sua stretta ortodossia, aveva una posizione di chiusura ideologica di fronte ad un processo di modernizzazione che, in quegli ultimi anni, preoccupava buona parte della gerarchia influenzata dal mito dell’unità politica dei cattolici in funzione anticomunista, tanto da diventare sospettosa nei confronti di quei cattolici della diaspora post-conciliare che portavano avanti, con una certa spregiudicatezza, il dialogo fra Chiesa e Mondo moderno.
Pur tra tante contraddizioni non venne mai meno il sostegno del Direttivo che, ben conoscendo la realtà politica, sociale e culturale in cui si era costretti ad operare, fecero sentire la loro solidarietà e difesero il Presidente.
Ma c’era di più: quanto più forti erano le scomuniche e pesanti le critiche, tanto più si consolidava l’impegno di stima e di amicizia fra i soci e il Direttivo e fra gli stessi operatori socio – culturali della periferia milanese, specialmente tra gli operatori sociali e culturali dei partiti di sinistra.
Nel frattempo Il degrado di via Val Trompia era al colmo. I gruppuscoli del ‘68 e l’Unione Inquilini, dal 1959 al 1975, elaboravano le loro strategie di guerriglia urbana attraverso l’occupazione abusiva delle case popolari, lo sciopero degli affitti, gli espropri proletari. Il centro sociale, occupato da studenti e da famiglie disperate era diventato un porcile. Da un lato la disperazione dei baraccati, dall’altro l’indottrinamento e la strumentalizzazione della guerriglia urbana da parte di gruppuscoli extraparlamentari che devastarono la biblioteca comunale rubando i volumi più pregiati, soprattutto testi universitari, dizionari ed enciclopedie.
In questa atmosfera, già particolarmente tesa, avvenne l’assalto fascista del 21 giugno 1971. Ben ottanta picchiatori fascisti, provenienti da Varese, Monza, Sesto San Giovanni e Milano, armati di bottiglie molotov, biglie d’acciaio, corpi contundenti, catene e pistole, aggredirono gli oratori e il pubblico che partecipavano al dibattito sul tema “Il comportamento della magistratura di fronte agli episodi di violenza neofascista”. Ci furono un ferito, tanto spavento e la distruzione completa delle vetrate del centro sociale. Si viveva allora tra due fuochi. Era infatti in auge, all’epoca, la politica degli opposti estremismi di destra e di sinistra di cui l’attuale senatore a vita, Giulio Andreotti, allora presidente del Consiglio dei Ministri, fu il massimo propugnatore.
Si arrivò, tra il 1973 e ‘74, all’autogestione anarchica del Centro sociale di via Val Trompia, che venne occupato persino da parte di un gruppo di tossicodipendenti che si faceva chiamare “Situazione creativa”. Il Circolo Perini fu costretto a lasciare la sede e a tenere i dibattiti in altri ambienti fuori da Quarto Oggiaro.
Dal 1975 al 1976, il Comune di Milano dichiarò inagibile il centro, che fu poi ristrutturato e riaperto nel 1977. Il Circolo culturale Carlo Perini, nei quasi due anni di chiusura della sede, dovette darsi al nomadismo, migrando, di volta in volta, presso altre sale per programmare le sue attività. Tale realtà pose le premesse per un lento e progressivo sradicamento del “Perini” dalla realtà di quartiere, che dimostrò di essere ormai all’altezza di operare felicemente anche in sedi istituzionali centrali e periferiche sia pubbliche che private. Si ricorda, soprattutto, che dal 1980 al 2000, il Circolo ebbe ospitalità all’Albergo dei Cavalieri di piazza Missori tanto da diventare quasi una seconda sede per i numerosi dibattiti, convegni, conferenze e riunioni di direttivo.
Quando, verso il 1976, la fiammata sessantottina si spense e molti giovani scelsero, miseramente, di entrare nella clandestinità della lotta armata, il Perini riprese l’attività all’interno della storica sede di via Val Trompia, che, per tutto il 1976, rimase chiusa per i lavori di ristrutturazione e di ripulitura da parte del Comune di Milano.